L’emicrania è una cefalea primaria che interessa il 14% della popolazione mondiale.

E’ caratterizzata dalla presenza di attacchi di cefalea ricorrenti di durata compresa tra 4 ore e 3 giorni, che si localizza in modo unilaterale, cioè da un solo lato del capo. Il dolore, in genere, ha carattere pulsante e peggiora con l’attività fisica e il movimento (salire le scale, abbassare il capo) rendendo difficoltosa l’esecuzione delle abituali attività quotidiane.

Il mal di testa è associato a sintomi come nausea, vomito e ipersensibilità a luci, rumori e odori (foto-fono-osmofobia), costringendo spesso chi ne soffre a ricercare riposo psico-sensoriale in un ambiente buio e silenzioso durante l’attacco. La fase di emicrania conclamata può essere preceduta da sintomi neurologici focali, di solito visivi e completamente reversibili, che prendono il nome di aura e che distinguono l’emicrania nelle sue due forme, con e senza aura.

I numerosi studi condotti fino ad oggi non hanno chiarito i meccanismi alla base dell’emicrania. Attualmente, è considerata una patologia multifattoriale alla cui origine concorrono sia fattori ambientali che genetici.

I fattori scatenanti, interni o esterni all’organismo (alcuni alimenti, ansia, depressione, stress, rilassamento dopo lo stress, alterazione del ciclo sonno-veglia, modificazioni degli ormoni sessuali femminili, alcuni farmaci, ecc..), agiscono su un “cervello speciale”, un cervello che produce meno energia e consuma di più, determinando l’attacco emicranico.  Trattandosi quindi di una cefalea primaria, l’uso routinario di esami (tomografia computerizzata, risonanza magnetica, elettroencefalogramma o altri) non è giustificato, mentre è importante agire tempestivamente, già alla comparsa dei primi sintomi, con una terapia farmacologica d’attacco.

Per bloccare la crisi in arrivo, ridurre l’intensità del dolore e dei sintomi associati possono essere utilizzati analgesici e antinfiammatori da automedicazione. Per chi invece soffre di emicrania frequente o di attacchi particolarmente invalidanti e/o resistenti alla terapia d’attacco, è indicata la terapia di profilassi o farmaci più specifici da concordare con lo specialista.

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